Romanzesu

Siamo nel villaggio nuragico di Romanzesu, un toponimo che evoca la romanizzazione delle zone interne della Sardegna, iniziata nel 238 a.C., all’indomani della prima guerra punica, e testimoniata dall’importante via di comunicazione che, partendo da Caput Tyrsi, dove nasce il fiume più importante dell’isola, nell’attuale territorio di Buddusò (Ss), penetrava nella Barbagia profonda.

La vasta area archeologica – in mezzo a una foresta di querce da sughero tappezzata di felci – è stata acquistata dal Comune e affidata per la gestione alla Cooperativa Istelai.

La nascita dell’insediamento, risalente all’età del Bronzo medio (1500 a.C.) venne favorita da un’abbondante vena sorgiva, intorno alla quale, durante il Bronzo Finale (1200 a.C.), i nuragici costruirono un tempio a pozzo* dedicato alla divinità dell’acqua.
Quando l’acqua tracimava oltre il gradino più alto del pozzo, veniva fatta scorrere attraverso due piccoli bacini intermedi provvisti di sedili a gradoni per essere convogliata infine in una grande vasca semicircolare sempre contornata da gradinate, che i pellegrini occupavano durante le abluzioni religiose e per assistere ai riti ordalici**.
Lo scrittore romano Solino (III sec.) riferisce che i sardi attribuivano alle acque proprietà terapeutiche per le malattie delle ossa e che inoltre, coinvolgendo la divinità, sottoponevano a giudizio le persone imputate di qualche colpa grave: se giudicate colpevoli, queste… avrebbero perso la vista.

Intorno al pozzo sacro si conservano diverse capanne circolari di uso abitativo con grandi focolari centrali e sedili in granito lungo la circonferenza; in alcune capanne, delle lastre ortostatiche delimitano spazi per i contenitori di derrate.

Durante il Bronzo Finale (1200 a.C.) il villaggio di Romanzesu acquisì funzioni di santuario, come documentano tre templi a megaron*** (A, B e C) e un’area cerimoniale sub ellittica con i resti dei muri concentrici che delimitavano un passaggio labirintico per i pellegrini.
Tale passaggio conduceva a una capanna con pavimento lastricato e basamento circolare al centro, che doveva sostenere un modello di nuraghe – di forte valore simbolico – o altri oggetti liturgici a uso del sacerdote stregone.
Il ritrovamento di un dolio di grandi dimensioni poggiato sul muro di fondo del megaron B di Romanzesu, conferma l’uso dell’acqua per le abluzioni, anche quando i tempietti sorgevano presso una vena sorgiva.
Infine, le offerte di oggetti in bronzo e di olle con decorazioni plastiche, ciotole carenate (a forma di carena di nave - ndr) e vasi miniaturistici su piede con fori passanti sotto l’orlo (usati come piccoli lumi), ci dicono che durante le stesse fasi dell’età del Bronzo le popolazioni nuragiche praticavano gli stessi rituali, documentati nei più diffusi templi a pozzo.

Il santuario di Romanzesu, nonostante l’importanza che aveva avuto per molti secoli, viene abbandonato intorno al VII sec. a.C. senza percettibili sintomi di crisi.
Una causa potrebbe essere l’arrivo di popoli dal Mediterraneo (Micenei, Filistei e Fenici), che gradualmente avrebbero diffuso fra i sardi nuovi modelli culturali ed economici.
Le classi dominanti dell’isola, che avevano gestito i territori in modo frammentato e cantonale, probabilmente non riuscirono a convertire il vecchio sistema per adeguarsi alle regole di un mercato intermediterraneo.
L’arrivo di nuove ideologie e la graduale scomparsa delle classi di artigiani che rifornivano i centri religiosi, possono aver provocato lo spopolamento degli stessi villaggi che affiancavano i santuari.
Questo nelle zone interne, mentre lungo le coste le contaminazioni ideologiche indotte soprattutto dai Fenici e poi dai Cartaginesi favorirono l’evoluzione degli originari centri nuragici negli insediamenti protourbani di età storica.

Tratto da Archeologia Viva n.182 – marzo/aprile 2017
Maria Ausilia Fadda
già direttore archeologo per le province di Sassari e Nuoro

Glossario

Ordalia:

Cerimonia sacra in cui veniva chiesto il giudizio divino in vertenze giuridiche che non si potevano (o volevano) risolvere con mezzi umani.

Tempio a megaron:

Chiamato così per la somiglianza di pianta con i megara preellenici. Contrariamente all’uso nuragico di costruire in linea curva, queste costruzioni hanno forma rettangolare allungata con uno o più ambienti. All’esterno erano in antis o doppiamente in antis, cioè con i muri dei lati lunghi che si prolungano oltre le due fronti a formare un atrio.

Tempio a pozzo:

Edificio costruito intorno a una sorgente, dedicato alla divinità delle acque. Composto da vestibolo, scala e tholos ipogeica. Un recinto sacro circondava l’intero tempio.

Tholos:

Tipo architettonico a pianta circolare con pareti rastremate verso l’alto a formare una pseudocupola.

Dolia:

contenitori di terracotta di forma sferica adibiti prevalentemente al trasporto di vino e di altri contenitori per l’acqua delle abluzioni rituali.

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Calendario Identità nuragiche
a Romanzesu
data Ora Spettacolo Artista
07 luglio 19.30 Danza e Musica flamenca Compagnia Flamenca Yolanda Osuna
18 Luglio 19.30 Antigone on Antigone Prod. Theandric Teatro
29 luglio 19.30 Il Grande jazz Antonello Salis e Sandro Satta
03 agosto 19.30 MedeAssolo con Valentina Banci (Prod. BAM Teatro)
17 agosto 19.30 Il Grande Jazz Gavino Murgia e i Tenores di Bitti
25-30 agosto 19.30 Shardana - spett. interattivo Prod. Theandric Teatro
1-2 ottobre Mattinée scuole Shardana - spett. interattivo Prod. Theandric Teatro